Puglia del cor
Mar dei Sargassi. Basta evocare il nome che alla mente affiorano leggende, narrazioni millenarie, miti antichi come la notte dei tempi. Un mare unico, senza confini e senza coste, delimitato solo dalle correnti oceaniche che circolano nell’emisfero settentrionale.
Effimero, libero, sognatore. Un mare lontanissimo da noi, situato nell’Atlantico settentrionale, tra le Antille, le Azzorre e le Bermuda, solcato da navigatori, marinai, pirati, i cui relitti giacciono ancora tra i suoi fondali inesplorati. Ma cosa c’entra questo mare leggendario con la Puglia?
Me lo son chiesta anch’io quando, a bordo di un’imbarcazione leggera, il “Lagobus”, scivoliamo lungo la superficie quasi piatta del lago di Lesina, guidati da “Zio Lello”, che ci menziona questo misterioso mare. Drizzo le orecchie e ascolto attentamente. A quanto pare il lago che stiamo attraversando è popolato da numerosissime anguille.
Anguille in Puglia, questa mi è veramente nuova! Apprendo che tutte le anguille europee nascono nel Mar dei Sargassi e poi compiono una lunghissima migrazione – fino a 10.000 chilometri! – per raggiungere le coste europee; quindi, risalgono fiumi e torrenti e scelgono di vivere in luoghi d’acqua dolce, come stagni, lagune, laghi. Impiegano dai quindici ai vent’anni per maturare sessualmente attraverso varie mutazioni. A questo punto intraprendono, come novelle Ulisse, un viaggio di ritorno estenuante fino al Mar dei Sargassi, durante il quale smettono di mangiare, consumando soltanto il grasso che hanno accumulato durante la loro vita. Lo stomaco, addirittura, si atrofizza e scompare del tutto. Arrivate nel loro mare natìo si accoppiano e subito dopo muoiono. Stremate dallo sforzo, hanno compiuto il loro ultimo atto d’amore, assicurando la continuazione della specie. Le loro larve, da lì a poco, riprenderanno questo incredibile viaggio verso i nostri mari, trasportate dalle correnti.
Mi guardo attorno e scruto la superficie del lago. Ogni tanto qua e là si formano dei piccoli cerchi concentrici che poi scompaiono improvvisamente. Sono proprio loro, le mie romantiche creature, ad accompagnarmi in questo viaggio che già si preannuncia affascinante. Oltre a loro, il lago è popolato da muggini, cefali, spigole, orate. E poi fenicotteri, aironi cenerini, garzette, cormorani. A sorvegliare scrigno sì tanto prezioso delle vedette di prim’ordine, i cespugli di salicornia, disposti a guisa di cuscinetto lungo gli argini del lago, quasi a proteggerlo, rendendo l’atmosfera ovattata se non addirittura surreale.
Questa pianta, meglio conosciuta come asparago di mare, è un’altra grande risorsa della zona, utilizzata sin dall’antichità per le sue grandi proprietà benefiche. Riscoperta da poco, è sempre più presente sulle tavole di chef stellati, che apprezzano il suo gusto naturalmente salato e un po’ acidulo. L’abbiamo assaggiata anche noi, presso il suggestivo Lake Cafè che si dondola dolcemente al ritmo del lago, e presso l’Azienda Agricola Turco. Qui, la proprietaria Angela Caputo ci ha illustrato tutte le qualità della pianta, un alimento poco calorico, che ben si adatta a qualsiasi tipo di regime alimentare, oltre ad essere un’ottima fonte di fibre, acqua e sali minerali. L’azienda sta coltivando la salicornia nel suo habitat naturale così come i pomodori, che sono particolarmente dolci perché irrigati, nella fase della maturazione, con acque leggermente salmastre.
Un pomodoro così succulento da prestarsi alla realizzazione di una gustosissima confettura, chiamata “la golosa”, sempre più apprezzata sulle nostre tavole. Da lontano scorgo Lesina, i profili delle sue case, il campanile rosso che si specchia nel lago. Un pezzo di Veneto, di laguna veneziana che ha deciso di farsi ammirare anche nel Basso Adriatico. Ma poi, in lontananza, inconfondibile, a riposizionare l’ago della bussola ci pensa lui, sua maestà il Gargano. Eppure, in questa sinuosa Puglia settentrionale, non sono le bianche coste garganiche a dominare lo sguardo, ma specchi d’acqua placidi e silenti, dove i canti nostalgici di aironi e germani reali rendono il paesaggio quasi struggente, a Lesina come a Varano.
Anche qui lo stridio dei gabbiani ci dà il benvenuto in un lago che appare quasi fermo, immobilizzato dalla calura del sole cocente di mezzogiorno. La nostra barca sembra disegnare delle linee leggere su un foglio piuttosto che navigare. Ed anche qui la guida ci svela piano piano i segreti del lago: le sue acque salmastre custodiscono un tesoro ambito, delicato e prezioso come una perla. Sono le ostriche della varietà “San Michele”, dal guscio a forma di ventaglio e dall’aroma dolce e vellutato. Una prelibatezza made in Puglia che i ragazzi de “ostricasanmichele” esportano in tutto il mondo. Evidentemente – e questo non può che farmi enormemente piacere da pugliese doc – oltre ad essere i più grandi produttori di cereali d’Italia, stiamo diversificando, e di tanto, la nostra filiera agroalimentare. Certo, il celeberrimo granaio d’Italia, il Tavoliere, è sempre lì, che ci attende sterminato e superbo, con le sue proposte cerealicole d’eccellenza, e soprattutto con il suo prodotto principe, il pane.
E a celebrarlo un evento internazionale, “Grani futuri”, giunto alla sesta edizione, partorito da quella fucina di idee che è Antonio Cera, il fornaio economista di San Marco in Lamis, proprietario del Forno Sammarco. Una tre giorni in cui l’arte panificatoria si apre al mondo, svelando i segreti di una lavorazione antica e che oggi, più che mai, è proiettata verso il futuro, raccogliendo le nuove sfide ambientali, sociali e culturali del presente. Attraverso laboratori, percorsi tematici e degustazioni, ho potuto scoprire ed apprezzare la grande poliedricità del pane, declinato in infinite versioni e accostamenti, con un unico grande comune denominatore: la condivisione, il suo grande potere di fare rete e generare scambi proficui.
Dall’alto di quell’oasi di pace e tranquillità che è il Convento Santuario di Santa Maria di Stignano, dove si è tenuto l’evento, il mio sguardo vaga dalla Valle di Stignano alla Valle degli Eremi, e osa ancora, indugiando tra masserie di antico splendore fino a giungere, indovinandone appena le forme, ad una città adagiata in pianura. Voglio raggiungerla.
Eccola San Severo, capitale del Nord Tavoliere e di una produzione vinicola d’eccellenza. Ci addentriamo nel centro storico, dove fanno bella mostra di sé palazzi raffinati ed eleganti chiese, espressione più alta del barocco nella Puglia settentrionale. Tra tutte la Chiesa Matrice dedicata a San Severino abate e la Cattedrale di Santa Maria Assunta, dalle sontuose facciate.
A segnalarci i siti più importanti del borgo antico non sono né indicazioni stradali o cartelli esplicativi, ma ciò che più di ogni altro elemento identifica San Severo: i suoi campanili, che svettano sulla città, richiamando a sé, o forse meglio, che dovrebbero richiamare a sé visitatori e pellegrini.
Cattedrali qui ce ne sono anche di sotterranee, a celebrare il prodotto principe della città, il vino, con cantine di pregio come D’Arapri, Pisan Battel e Re Dauno. Di turisti, curiosi, viandanti, originari del posto ed emigrati altrove e che tornano qui ce ne sono tanti, ma tutti concentrati in un periodo particolare dell’anno.
No, non si tratta di Natale o Ferragosto, ma della Festa del Soccorso, una grande cerimonia barocca in cui i sanseverini si identificano totalmente, nonché valvola di sfogo delle tensioni della comunità. Per festeggiare la Madonna del Soccorso, infatti, i cittadini di San Severo creano le “batterie”, sequenze di esplosioni di diversa intensità, con l’utilizzo di mortaretti, bengala, fontane, il tutto in un crescendo di fuochi e botti impressionanti che deflagrano per strada, fino all’ultima, immensa detonazione finale. Una festa col botto a tutti gli effetti, che ricorda tantissimo le masclétas valenciane, un modo assolutamente originale per esorcizzare le paure e sentirsi parte di una comunità viva e passionale, che insieme soffre, ride, piange, si diverte e soprattutto corre per le vie della città!
Ancora una volta la mia Puglia mi sorprende, mi appassiona, mi lega stretta a sé. E sono sicura che appassionerà anche voi, insinuandosi lentamente nell’anima, invitandoci a fermarci, a respirare, a guardare e a sentire con il cuore.
Teenager vintage e instancabile sognatrice, sempre con la testa per aria ed il naso all’insù. Puglia nel cuore e mare nell’anima. Da guida turistica e ambientale, tour organizer e oggi host, adoro accogliere i miei ospiti che provengono da ogni parte del mondo, dando loro suggerimenti e idee per farli innamorare del tacco d’Italia. Dimenticavo, nel tempo libero sono una docente a Ostuni e soprattutto una mamma e una donna felice.