I ponti più belli
«I ponti gli piacevano, uniscono separazioni, come una stretta di mano unisce due persone. I ponti cuciono strappi, annullano vuoti, avvicinano lontananze». Così scrive Mauro Corona in uno dei suoi libri, evidenziando l’importanza di queste opere di alta ingegneria e raffinata architettura che offrono viste spettacolari. Dominano fiumi, strade e stazioni, sono scenari perfetti per scattarsi un selfie tra amiche, di quelli belli da postare sui social. Vi susciteranno sempre emozioni, sia attraversandoli, sia solo contemplandoli da lontano.
In Italia sono sempre più numerosi e spesso portano la firma di famosi archistar, come Santiago Calatrava che con le sue “vele” ha contribuito al processo di riqualificazione urbana della parte settentrionale della città di Reggio Emilia. Sono tre i ponti da lui progettati (uno di scavalcamento e gli altri due laterali), che appaiono come sospesi nel paesaggio piatto della pianura padana, in cui si fondono forza strutturale ed effetto scenografico. Un trionfo di acciaio e cemento armato. Protagonista assoluto: il bianco, che esalta la purezza del disegno, l’eleganza delle sue linee e l’intera sagoma in acciaio. Si lasciano ammirare dall’autostrada, o dalla stazione ferroviaria dell’alta velocità e sono ancora più belli alla sera grazie all’illuminazione alimentata con energia pulita, originata da fonti rinnovabili. Verde, bianco e rosso sono i colori, a ricordare la bandiera italiana.
Un altro manufatto che incanta è il Ponte Cittadella di Alessandria sul fiume Tanaro, su progetto di Richard Meier. Un ponte pedonale, a campata unica con struttura ad arco lunga 185 metri. La passerella pedonale è una sorta di “piazza pubblica” in cui la città e i turisti possono trovare un rapporto con il fiume. La particolarità? Percorrendolo tutto si arriva a Cittadella, fortezza militare del XVIII secolo.
Sul Naviglio Grande di Milano esiste un ponte mobile. Si tratta del Ponte Richard Ginori situato di fronte alla ex fabbrica ormai abbandonata che produceva ceramiche lungo la via Lodovico il Moro. Una struttura in ferro, di un verde scintillante, costruita nel 1906 con la stessa tecnologia utilizzata per la costruzione della Torre Eiffel di Parigi. Un tempo rappresentava un ingegnoso raccordo perché legava la fabbrica direttamente alla rete ferroviaria nazionale. Da quassù lo sguardo spazia sulle acque dei Navigli, sulle case basse con un massimo di tre-quattro piani con uno skyline insolito per la città lombarda.
Curioso anche il ponte Musmeci a Potenza sul fiume Basento (il nome lo deve al suo celebre progettista, l’architetto Sergio Musmeci, e mette in comunicazione la zona industriale e la strada fondovalle S.S. 407 Basentana), concepito come un enorme vegetale, in cui i pilastri sono sostituiti da un’unica struttura a foglia accartocciata, volta a sorreggere la campata. Un’architettura che affascina di giorno ma ancora di più di notte quando s’illumina superbamente di una serie di luci al neon che sembrano accompagnare il via vai delle auto.
Sembra nuovo il famoso ponte di Rialto a Venezia, di certo il più famoso d’Italia e del mondo, grazie a un super restauro (finanziato da Renzo Rosso, fondatore e azionista di Diesel). In pietra, dalla lunga e unica arcata di 28 metri, collega le due rive del Canal Grande. Si racconta che per sostenere le sue fondamenta, durante i lavori di consolidamento del 1591, furono utilizzati 12 mila pali di legno. La voce popolare vuole, inoltre, che due curiosi capitelli, visibili dal Ponte, siano stati scolpiti per prendersi gioco di quanti criticavano l’opera del costruttore, tale Pasquale Cicogna. Famoso è anche il ponte del borgo di Dolceacqua, amato da Claude Monet che ne fece soggetto per tre suoi dipinti. Il pittore impressionista immortalò più volte il ponte a schiena d’asino che collega l’ottocentesco quartiere Borgo e l’antico Terra, su cui domina il Castello dei Doria. Tutto intorno ci si perde in un labirinto di vicoli e stradine, tra palazzi e chiese, tra botteghe artigiane e cantine.
Infine, merita Pont-d’Ael a Aymavilles, vicino Aosta, verso la valle di Cogne. Un’opera ingegneristica eccezionale, un ponte acquedotto in età augustea costruito a scopo privato, lungo 70 metri e largo solo un metro e mezzo. È frutto dell’ingegno e dell’operosità del padovano Caius Avillius Caimus, come si legge nell’iscrizione al centro.
La curiosità? È stata trovata nella malta del condotto superiore dove scorreva l’acqua un’impronta di una scarpa, la classica romana con i chiodini, che ci dà la prova di chi materialmente ha costruito questo ponte nel 3 a.C. Percorretelo, entrateci dentro – uno dei pochi che dà questa possibilità su un percorso vetrato che fa vedere il vuoto profondo di ben tre metri -, affacciatevi dalle piccole finestrelle, costruite con altezze differenti per non creare correnti d’aria, contemplate il torrente Grand Eyvia che, impetuoso e gonfio, scende veloce dalla valle. Tutto intorno boschi di roverella e pino silvestre, quasi a perdita d’occhio.
Basta sentirmi parlare per intuire il mio attaccamento alla Basilicata. Nonostante viva a Bologna da tanti anni e ami questa città, ho mantenuto una visione Sudcentrica della vita. Giornalista professionista, tutor al master in giornalismo, scrittrice e soprattutto “ragazza” piena di energia. Ho una valigia sempre pronta, anche se a ogni viaggio dimentico qualcosa. Vivrei in estate tutto l’anno e sogno una casa vista mare. Scrivo libri di curiosità (Book Sun Lover) e romanzi (“Un giorno sì un altro no”, “Come un fiore sul quaderno”). Leggo tanto, sorrido ancora di più.