Francesco, un Papa viandante, a fianco delle donne

Ha viaggiato con il cuore, pur non amando viaggiare. Ha ascoltato coloro che a lungo sono rimaste ai margini e per loro ha aperto porte. Un ritratto emozionale dell’“uomo venuto dalla fine del mondo”, tra cammini e parole
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Il viaggio di chi apre le porte
Ho sempre pensato a Papa Francesco come a un Papa viandante. Uno che non stava fermo mai, né con i piedi né con le idee. Lo chiamavano «il Papa venuto dalla fine del mondo» (e io ho avuto la fortuna di fare un viaggio in Argentina e visitare Ushuaia, quelle zone sconfinate nell’arcipelago della Terra del Fuoco), ma a guardarlo bene, sembrava venuto per capovolgerlo, quel mondo. Perché Papa Francesco ha viaggiato con lo sguardo basso e l’anima spalancata, e tra i tanti che ha incontrato lungo le sue strade, ha sempre cercato le donne. Le ha ascoltate, cercate, nominate. Le ha difese con gesti e parole che sapevano di futuro.
Bergoglio non amava viaggiare
Eppure, c’è un piccolo paradosso che lo rende ancora più umano: Bergoglio non amava viaggiare. Lo aveva detto con quella franchezza disarmante che lo contraddistingueva. Era un uomo di abitudini (come fare gli acquisti sempre negli stessi negozi). Ma una volta eletto Papa, aveva capito che il suo ministero gli chiedeva di invertire la rotta. E allora si era messo in cammino.
Un cammino che lo ha portato in 66 Paesi, per un totale di 47 viaggi apostolici. Dal Nord America all’Oceania, dalla steppa della Mongolia alle favelas del Brasile, ha percorso il mondo non per mostrarsi, ma per incontrare. Il suo primo viaggio all’estero fu proprio in Brasile, nel luglio 2013, pochi mesi dopo l’elezione: presenziò alla Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, immergendosi in una folla di ragazze e ragazzi che lo accolse come un padre e un amico. E ovviamente ha girato in lungo e in largo l’Italia. Come non citare il viaggio a Bologna nel 2017 (anche qui ho avuto la fortuna di vederlo da vicino, proprio sotto le Due Torri a bordo della Papamobile). E non posso scordare l’emozione di averlo visto da vicino, a Roma a fine gennaio, durante il Giubileo della Comunicazione. Un incontro speciale insieme ad alcune amiche-colleghe del Constructive Network (sono certa che questo nostro “Giornalismo Costruttivo” gli sarebbe piaciuto, lui che spesso nei suoi messaggi usava la parola “costruttivo”).

Donne e viaggi: una rivoluzione silenziosa
E nei suoi viaggi, Papa Francesco ha cercato sempre lo sguardo delle donne. In Iraq, nel 2021, ha incontrato donne yazide sopravvissute alle atrocità dell’ISIS, abbracciandole come si abbraccia la resilienza. In Mozambico (nel 2019), ha lodato il ruolo delle madri nella costruzione della pace. In Colombia (2017), ha chiesto perdono alle donne vittime del conflitto armato e ha enfatizzato il ruolo delle donne nel processo di pace e nella ricostruzione del tessuto sociale. In Amazzonia (2020) ha riconosciuto la forza spirituale e culturale delle donne indigene, pilastri delle comunità.
Ma la sua attenzione per le donne non si è fermata ai viaggi. È entrata nel cuore del suo magistero.
Si ricorda una sua frase detta durante una celebrazione dell’8 marzo. «Questa giornata è per noi l’occasione per ribadire l’impegno delle donne e l’importanza della presenza delle donne nella nostra vita. Senza le donne, il mondo sarebbe sterile: portano la vita e ci trasmettono la capacità di vedere oltre, capire il mondo con occhi diversi, un cuore più creativo, paziente e tenero».
L’impegno per le donne di Papa Francesco
Durante la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Papa Francesco ha affermato con fermezza che lo sfruttamento del corpo femminile «non è un semplice reato». È una ferita alla dignità, un’offesa alla vita. Ha più volte invitato a non restare indifferenti, a combattere la cultura dello scarto e dell’abuso, mettendo al centro il rispetto e la protezione delle donne.
È stato il primo Papa ad affidare a una donna, suor Nathalie Becquart, il diritto di voto in un Sinodo dei vescovi. Un gesto che, per la Chiesa cattolica, è stato come aprire una finestra dopo secoli di chiusura. Ha nominato economiste, teologhe, religiose e laiche nei ruoli decisionali della Curia. Ha invocato una Chiesa più femminile, più materna, capace di ascolto e di cura.
Le battute infelici
Eppure non possiamo dimenticare anche qualche sua espressione infelice o scivolone, come quando, durante un’udienza del 2013, ha affermato che «Il chiacchiericcio è una roba da donne». Del resto è cresciuto in un certo contesto culturale e religioso rigido, ma proprio perché ha mostrato questa umanità imperfetta, il suo percorso verso l’apertura risulta ancora più sincero.
Un Papa scomodo, tenero e testardo
Jorge Mario Bergoglio è stato un Papa scomodo, tenero e testardo. Come diceva lui stesso, «la realtà è superiore all’idea», e in questa frase c’è tutto il suo pontificato.
Non ha avuto paura di chiamare le cose con il loro nome: la povertà, l’ipocrisia, la guerra, il potere che traveste l’ego di santità.
È stato il Papa degli abbracci nei cortili delle periferie del mondo, delle scarpe nere e del cuore scalzo. Di lui porteremo l’immagine tra la gente, a parlare del perdono più che del peccato.
È stato uno che, pur seduto sul trono di Pietro, sembrava sempre pronto ad alzarsi per lavare i piedi a qualcuno, come aveva fatto con i detenuti in diverse carceri (Rebibbia, Casal del Marmo, Regina Coeli, Civitavecchia).
Di lui ricorderemo molti suggerimenti: «abbiate il coraggio di sostituire le paure coi sogni: non amministratori di paure, ma imprenditori di sogni».
I desideri semplici
E ricorderemo anche i desideri semplici. Uno su tutti: poter uscire a mangiare una pizza in una pizzeria come faceva prima (nel 2015 durante una visita a Napoli, un pizzaiolo riuscì a porgergli una pizza direttamente sulla papamobile; un gesto simbolico, di affetto popolare e napoletanità autentica). E ancora una citazione da una sua omelia del 2019, sulle Nozze di Cana: «Immaginatevi finire una festa con il tè. Senza vino – chiosò sorridendo – non c’è festa».
Un’eredità da portare con noi
Ora che Francesco ha concluso il suo viaggio terreno, restano i suoi passi. E ci dicono una cosa semplice ma profonda: che il mondo, per camminare davvero, ha bisogno del passo delle donne.
Il Pontefice non ci ha dato tutte le risposte, ma ha aperto domande nuove. Non ha risolto tutto, ma ha scardinato molto. E questo, forse, è il compito di chi semina. Sta a noi scegliere in che modo essere viandanti.
«Le cose si vedono meglio da lontano», scriveva Josè Saramago.
Forse ora, da questa “distanza” che non si misura in chilometri, potremo vederlo per intero. E capire se e quanto ci mancherà. Fa buon viaggio Franciscus
* La foto di apertura è stata creata con l’IA

Basta sentirmi parlare per intuire il mio attaccamento alla Basilicata. Nonostante viva a Bologna da tanti anni e ami questa città, ho mantenuto una visione Sudcentrica della vita. Giornalista professionista, tutor al master in giornalismo, scrittrice e soprattutto “ragazza” piena di energia. Ho una valigia sempre pronta, anche se a ogni viaggio dimentico qualcosa. Vivrei in estate tutto l’anno e sogno una casa vista mare. Scrivo libri di curiosità (Book Sun Lover) e romanzi (“Un giorno sì un altro no”, “Come un fiore sul quaderno”). Leggo tanto, sorrido ancora di più.