Il viaggio che parte da dentro: come riconnettersi con sé stesse

C’è una luce che torna a farsi spazio, quando scegliamo di fermarci. È da lì che si risorge: da un ascolto nuovo, da un passo più vero. Magari anche un po’ goffo, ma nostro.
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C’è un momento, nella vita di ognuna di noi, in cui il desiderio di partire cambia direzione: non guarda più fuori, verso mete da raggiungere, ma ci invita a tornare dentro, verso ciò che siamo davvero. Un sentiero che non si misura in chilometri, ma in profondità.
Non servono biglietti né valigie. Serve solo il coraggio di fermarci e ascoltarci davvero. In una cultura che ci invita a correre, dimostrare, superare, scegliere di rallentare è già una rivoluzione. È proprio quando smettiamo di rincorrere ciò che manca e iniziamo a riconoscere ciò che c’è, che si apre davanti a noi la possibilità di un nuovo inizio.
Questa è la partenza più autentica: il ritorno a noi stesse. È il noto viaggio interiore di cui sentiamo parlare spesso. Un percorso che ci porta verso la nostra essenza, guidate dalla gratitudine, dall’ascolto e da una gentilezza che riscopriamo lungo il tragitto.
Fermarsi per ritrovarsi
A volte pensiamo che per cambiare vita serva un grande gesto, una decisione drastica. In realtà, tutto può iniziare con una scelta potente e silenziosa: quella di fermarsi. Può bastare un respiro più consapevole, un momento in cui decidiamo di ascoltarci.
Fermarsi non è facile. Il mondo corre, e spesso ci sentiamo in dovere di correre con lui. Ma rallentare non è un fallimento: è un atto di cura. È scegliere di guardarci con onestà, accogliendo ciò che è senza cercare di aggiustarlo subito.
Non esiste una direzione unica: a volte si avanza, a volte si torna indietro. Altre volte si resta in attesa. Ma ogni passo ha valore, anche quelli invisibili. E ogni volta che scegliamo di prenderci cura di ciò che sentiamo, stiamo già camminando verso casa, la nostra.
Guardare con occhi nuovi
Questo nuovo ritmo che attiviamo ci permette di notare ciò che prima ci sfuggiva. In quel silenzio ritrovato la gratitudine inizia a far sentire la sua voce sommessa.
Non come semplice parola gentile, ma come scelta consapevole. La gratitudine invita a rivolgere lo sguardo a ciò che è già presente nella nostra vita, anche se imperfetto, anche se fragile. Guida a riconoscere i piccoli dettagli che ci nutrono.
Abitare il presente in questo modo ci invita a vivere con più attenzione, con più cuore. E mentre ci abituiamo a questo nuovo sguardo, accade qualcosa: cambia il nostro sentire e il nostro passo trova un nuovo equilibrio. E quel passo, giorno dopo giorno, può portarci verso un cammino più autentico.
Parlarsi con gentilezza
Non servono solo forza e determinazione per affrontare questo percorso, possiamo fare affidamento anche su uno sguardo morbido rivolto a noi stesse. L’empatia, spesso associata alla relazione con gli altri, trova il suo terreno più fertile proprio nel dialogo interiore.
Quante volte ci giudichiamo con durezza? Quante volte ci chiediamo di essere sempre all’altezza, impeccabili, instancabili? Eppure, la trasformazione comincia quando scegliamo di cambiare tono. Quando iniziamo a parlarci come parleremmo a una persona che amiamo davvero.
Essere empatiche con noi stesse significa accogliere le nostre emozioni senza doverle spiegare. Significa permetterci di essere stanche, vulnerabili, confuse, senza vergogna. È la scelta di offrirci conforto, invece che critica.
Solo così si apre lo spazio per una vera trasformazione. Perché non è dalla colpa che nasce il cambiamento, ma dalla comprensione profonda di ciò che siamo, anche nei nostri giorni più difficili.
Le stagioni del cambiamento
Ogni viaggio ha il suo ritmo, fatto di avanzate e pause, di intuizioni e attese. E anche il cammino interiore segue un andamento naturale, che assomiglia più alle stagioni che a un percorso lineare. Ci sono momenti di fioritura e altri di apparente silenzio. Tutto ha un senso, anche quando non lo vediamo subito.
Le tappe
Ognuna di noi ha un percorso unico, ma ci sono alcune tappe che ritornano spesso:
- Il risveglio: quel momento in cui qualcosa dentro ci dice “così non funziona più”. Può arrivare dopo un evento difficile, o semplicemente in un giorno qualsiasi, quando ci sentiamo scollegate da noi stesse.
- La ricerca: inizia la fase in cui leggiamo, ci informiamo, ascoltiamo podcast, partecipiamo a corsi, cerchiamo guide. Siamo curiose e affamate di risposte.
- Il silenzio: spesso arriva dopo l’entusiasmo iniziale. Un momento in cui sembra che niente funzioni e che torni tutto a tacere. Ma è proprio lì che qualcosa inizia a sedimentare.
- La riconnessione: non è un traguardo, è un processo. Iniziamo a sentire più nitidamente chi siamo, cosa ci fa stare bene, dove vogliamo andare. Iniziamo a scegliere in base a ciò che ci nutre, non a ciò che ci è stato insegnato.
Queste tappe non seguono un ordine fisso: a volte si intrecciano, a volte tornano a sorpresa. Ma tutte, in modi diversi, ci insegnano qualcosa. E ci ricordano che il cambiamento non è sempre visibile, ma è sempre in movimento, come la vita.

Una pratica semplice, ma trasformativa
Dopo aver esplorato le stagioni del nostro cambiamento, può essere utile trovare un gesto concreto che ci accompagni nel rendere visibile ciò che dentro si muove. Un esercizio simbolico, capace di dare forma a ciò che sentiamo. L’ho chiamato “la valigia dell’anima”.
Prendiamo un foglio e disegniamo una valigia. Dentro, annotiamo cinque qualità, parole o atteggiamenti che desideriamo portare con noi nel nostro viaggio interiore (potrebbero essere fiducia, silenzio, perdono, pazienza, curiosità). Accanto alla valigia, scriviamo le tre cose che ci sentiamo pronte a lasciare andare: giudizio, fretta, bisogno di approvazione, o qualunque peso non ci appartenga più.
Ogni volta che ci sentiamo confuse, sovraccariche o in bilico, possiamo tornare a quella valigia. Chiederci: “cosa sto portando con me, in questo momento?“ o “È qualcosa che mi sostiene o mi appesantisce?”
A volte, basta rispondere a queste domande per ritrovare il passo giusto.
E se oggi fosse il primo passo?
E se oggi, proprio oggi, fosse il momento giusto per cominciare? Non serve fare chissà cosa. Non serve nemmeno essere pronte. Basta un piccolo sì. Un respiro più lento. Un pensiero gentile rivolto a noi stesse.
Questo cammino non segue tabelle né scadenze. A volte parte da un libro che ci parla, da una passeggiata senza meta, da una domanda che ci fa compagnia. E sì, a volte parte anche da un articolo letto al momento giusto.
Possiamo lasciar andare l’idea di doverci migliorare a tutti i costi. Possiamo, invece, decidere di prenderci cura di ciò che c’è, con un po’ più di leggerezza. Con meno pretese e più presenza. E magari, ogni tanto, anche con un pizzico di autoironia. Tornare a noi stesse non deve essere necessariamente un processo drammatico. Può essere dolce, goffo, imperfetto. Ma è sempre un inizio.
E allora: che sia oggi quel primo passo. Anche minuscolo. Anche traballante. Ma nostro.
*Assunta Corbo ha ideato “Narrazioni costruttive”, L’Accademia per chi sceglie di raccontare e comunicare con responsabilità, dando voce al cuore delle storie. Info qui

“Voglio scrivere, leggere, viaggiare e raccontare storie”, così rispondevo agli adulti che mi chiedevano cosa volessi fare da grande. Avevo 6 anni. A 19 ho capito che quella professione era il giornalismo. E così tra un esame all’università e l’altro ho iniziato a collaborare con testate locali, tra cronaca e cultura. Poi sono arrivati il giornalismo turistico e l’attualità. Nel 2019 ho co-fondato il Constructive Network per la divulgazione del giornalismo costruttivo in Italia. Scrivo e mi occupo di formazione sulla comunicazione empatica. Ho fatto mia una regola: mai rinunciare al tempo per me e per le persone a cui voglio bene.